Giulietta Stefani. Colonia per maschi. Italiani in Africa Orientale: una storia di genere

In Colonia per maschi (Ombre Corte, 2007) Giulietta Stefani ricostruisce la storia, decisamente poco conosciuta, dei tanti italiani che hanno combattuto, vissuto e lavorato nelle colonie italiane, con particolare attenzione alla campagna in Etiopia del 1935-1936 e alla successiva fondazione dell’Africa Orientale Italiana.

La prospettiva adottata è quella di genere, che indaga il significato dell’esperienza coloniale per gli italiani in termini di mascolinità e di modelli e rappresentazioni maschili. Una prospettiva che ancora nel 2007 non aveva largo respiro nel panorama storiografico italiano, caratterizzato da ritardi e lacune, e che risentiva degli effetti di una progressiva rimozione del nostro passato coloniale, non solo fascista, ma anche dei quarant’anni di colonialismo liberale precedenti al ventennio.

Le fonti utilizzate sono di varia natura, documenti politici e amministrativi, i romanzi coloniali molto in voga negli anni ’30 che ben dipingono l’immaginario che accompagnava l’esperienza italiana in Africa, enfatizzandone l’aspetto esotico ed eroico, e documenti inediti quali i diari o gli scambi epistolari di militari e in misura minore civili, raccolti nell’Archivio di Pieve di  Santo Stefano.

Il colonialismo come terapia alla crisi della maschilità

Già a fine Ottocento in tutta Europa si percepiva la crisi della maschilità e si apprezzava la connessione tra colonialismo e maschilità:  la guerra e la conquista di nuovi territori avrebbero portato alla rigenerazione del maschio, la cui identità era stata messa in discussione da diversi fattori: l’industrializzazione, l’innovazione tecnologica e scientifica, l’urbanizzazione di fine secolo, il primo femminismo con le rivendicazioni di diritti civili, sociali e politici.  Anche la propaganda fascista dunque convogliò tutte le aspirazioni di rigenerazione e realizzazione maschile  verso il territorio africano, terra di conquista e vera e propria “terapia della mascolinità” italiana.

Partendo da questa premessa, la guerra colonialista come terapia per la degenerazione del maschio e l’Africa come terra di frontiera e di conquista, sospesa tra l’esotismo della letteratura dell’epoca e della propaganda e la dura realtà di alcune testimonianze, il saggio accompagna la narrazione delle vicende coloniali fasciste con la ricostruzione delle esperienze quotidiane dei militari e dei civili in Etiopia, e dei legami di amicizia, amore e famigliari che vi instaurarono. 

L’autrice analizza  i rapporti complessi e profondamente contraddittori tra i colonizzatori e i colonizzati. Particolare attenzione è prestata al rapporto gerarchico e paternalistico tra militari e ascari, e alle controverse relazioni tra italiani e donne africane (vedi anche azione femminista 8 marzo 2019 su statua Indro Montanelli), tra madamato, prostituzione e violenze, violenze che aumentarono in seguito alle leggi segregazioniste del 1937 che vietarono il matrimonio interraziale e il riconoscimento dei figli nati dalle unioni tra italiani e “sudditi”.

Il saggio, grazie all’accurata ricerca delle vicende storiche e delle esperienze soggettive, offre un prezioso contributo nella ricostruzione del colonialismo italiano in Africa, esperienza che per decenni ha rischiato di essere dimenticata o per lo meno minimizzata, di fatto compromettendo la possibilità di comprendere una parte della nostra identità.

Recensione di Francesca Daldello

Crediti immagine: https://documentistoriafilosofia3.blogspot.com/2012/?view=snapshot

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