Questa indagine sulle donne donne che vivono da sole illumina una condizione tanto diffusa quanto poco conosciuta e raccontata. La presentazione dei risultati della ricerca, svolta secondo i criteri della sociologia, è preceduta da un’ampia parte di analisi su dimensioni e cause dell’aumento di famiglie formate da una sola persona, fenomeno in crescita in tutto il mondo e non solo nei paesi occidentali, come spiega l’autrice: se l’Italia si sta allineando solo ora alla tendenza europea, negli Stati Uniti “le famiglie composte da una sola persona rappresentano ormai la più diffusa forma di organizzazione sociale, ben più comune della famiglia nucleare e della famiglia stessa”, mentre in Giappone, Cina, India e Brasile la crescita del fenomeno appare “vertiginosa”. Una metamorfosi alla quale linguaggio e immaginario non hanno ancora avuto tempo di adeguarsi, tanto che un capitolo del libro è dedicato ad approfondire il disallineamento culturale e politico tra la realtà e la sua rappresentazione.

Sono milanesi, italiane native e hanno già compiuto 45 anni le 250 donne che hanno risposto al questionario diffuso da Graziella Civenti con l’intento principale di “comprendere quali siano le risorse relazionali a cui il campione di donne intervistate può fare riferimento nella quotidianità e quale tipo di sostegno queste siano in grado di garantire”.

Milano offre un osservatorio privilegiato perché qui, come in tutte le aree urbane, si anticipano modelli di comportamento, e perché i mutamenti demografici avvenuti negli ultimi decenni si esprimono con evidenza qui più che in altre città italiane. A Milano il 52% dei nuclei familiari è costituito da una sola persona, la media italiana è del 31% (dato del 2011). A Milano ci si sposa meno e più tardi, si formano più frequentemente nuove coppie e più che altrove con partner stranieri, le unioni civili sono addirittura il doppio del valore nazionale e così le nascite fuori dal matrimonio e la natalità di coppie in cui la mamma o il papà è straniero.

Perché solo donne? La scelta di limitare l’osservazione a un campione di sole donne è motivata dal fatto che è proprio nel mutamento della condizione femminile che si trova il motore delle trasformazioni della famiglia italiana negli ultimi 60 anni. Non a caso l’autrice si è trovata di fronte a due generazioni diverse, quella indicativamente tra i 45 e i 65 anni e quella che ne ha più di 65, con la differente collocazione generazionale rispetto allo spartiacque degli anni Settanta, in cui si è manifestata la crisi dei modelli familiari tradizionali.

Crisi e rinnovamento delle strutture sociali tradizionali che hanno portato allo scenario attuale, in cui ancora e sempre domina la “matrimoniomania” a dispetto del fatto che il matrimonio o la convivenza di lunga durata sia un evento sempre più raro. Forme di convivenza alternative alla coppia non si sono diffuse, almeno per ora. E così molte, moltissime donne si trovano a fare i conti con vantaggi e svantaggi della condizione di single, termine generico e impreciso per dire di una grande varietà di casi: la vedova, la divorziata, la nubile, chi ha un o un’amante che vive altrove, chi non ne ha e non ne vuole, chi è madre e chi non lo è. L’autrice si muove attraverso le loro parole e nel costruire percorsi di senso attinge sia dalla sociologia che dalla letteratura.

Scopriamo così le molte facce del vivere sola. Tra queste, certo, la dimensione della solitudine, nella sua doppia valenza di pieno e vuoto, di gratificazione e di disagio. La dimensione dell’intimità, goduta o perduta. La dimensione della disponibilità, di sé a sé, a progetti, a una molteplicità di relazioni. E la dimensione del bisogno, che apre sul grande e dolente nodo del welfare: come dovrebbe cambiare la cura della non-autosufficienza nel nuovo e sconosciuto mondo della singolitudine? Come, e se, si sta muovendo la politica? Quali possibili soluzioni concrete?

Una casa tutta per sé. Indagine sulle donne che vivono da sole

di Graziella Civenti, ed. Franco Angeli, 2015

205 p.; 26 €

 

E. C.