E’ un libro utile, che si legge volentieri. Utile per conoscere le radici troppo spesso dimenticate della nostra repubblica e perché offre spunti per rileggere l’attualità di una trasformazione ancora in corso, quella della partecipazione delle donne alla politica istituzionale. Nel pieno della crisi della rappresentanza, un’indagine sulle sue origini è un ottimo allenamento.

L’autrice ricostruisce con rigore scientifico e con stile divulgativo la vicenda del primo Congresso nazionale per il suffragio femminile. Una storia che definisce “densa di contraddizioni apparentemente inspiegabili, ma radicate invece nella prima origine della democrazia parlamentare”, e non solo quella del nostro Paese. La difficoltà nel riconoscere i diritti politici alle cittadine, evidente negli esiti della rivoluzione francese, si manifesta in dettaglia preziosi che Emma Schiavon non manca di sottolineare. Relegato per millenni nello spazio domestico, il corpo femminile che irrompe nello spazio pubblico è dichiarato indecente.

L’attraversamento della sfera del privato da parte delle donne fu visto a lungo come una contaminazione morale: sintomo di questa percezione fu ad esempio il senso di imbarazzo e di sconvenienza rispetto alla presenza fisica delle donne nelle urne elettorali.

Nel 1911 Torino, che ospita l’Esposizione universale dell’industria e del lavoro, è anche la città simbolo per la ricorrenza del cinquantenario dell’Unità. E’ qui che il movimento suffragista italiano ha uno dei suoi centri propulsori, con il Comitato Pro voto di Torino, ed è qui che organizza il suo primo Congresso nazionale.

Emma Schiavon restituisce il clima dell’epoca, ripercorre la preparazione del Congresso, le controversie con il Partito socialista, l’influenza del movimento suffragista inglese su quello italiano. E si sofferma più in dettaglio sui profili delle organizzatrici (e degli organizzatori) del Congresso, in particolare su Gisella Lindner Michels, femminista e studiosa della cooperazione, e sul marito Roberto Michels, noto sociologo ed economista che collaborò anche con la rivista “Unione femminile”. Gisella Lindner Michels riordinò il proprio archivio e quello del marito, ed entrambi i fondi sono consultabili presso la Fondazione Einaudi di Torino:

Nel complesso questi documenti costituiscono una importante fonte di studio e di memoria di quel periodo di vita torinese, in particolare per il socialismo,  per il suffragismo e per il Congresso del 1911. Queste carte ci danno la possibilità  ricostruire, almeno in parte, la rete di relazioni e il clima nel quale ebbe origine l’idea del Congresso.

Di questa rete di relazioni rimane traccia nella corrispondenza presente nel fondo, di cui l’autrice riporta ampi stralci e che dà voce ad alcune protagoniste del movimento suffragista dell’epoca: Ersilia Majno Bronzini, Argentina Altobelli, Emilia Mariani,

Lo svolgimento nel Congresso viene analizzato attraverso i documenti presentati, le mozioni e i verbali delle discussioni. Due le relatrici principali, Bice Sacchi Ducceschi e Carmela Baricelli, che argomentarono il tema del suffragio: la prima dal punto di vista  politico, legislativo ed economico, la seconda dal punto di vista dell’azione di propaganda.

Come spesso accade, le opinioni delle partecipanti convergevano sull’obiettivo politico (suffragio universale per tutte le donne e non limitato ad alcune classi sociali), ma si diversificarono sui modi per raggiungerlo. Tra i punti più dibattuti ci fu ad esempio la proposta di non appoggiare mai i deputati contrari al suffragio femminile anche se del proprio partito. Le congressiste trovarono una mediazione, infine, che vi invitiamo a scoprire leggendo il libro. Il dibattito è comunque significativo perché, come commenta l’autrice:

L’accanimento nella discussione di questo tema testimoniava anche, in ogni caso, che la partecipazione delle donne alle lotte elettorali doveva essere ormai molto più diffusa e attiva di quanto oggi si potrebbe pensare.

Notevole che il Congresso si chiuse con un voto all’unanimità su una mozione di Ersilia Majno che denunciò la mancanza di leggi sulla violenza sessuale e induzione alla prostituzione, per le quali, sappiamo, sono dovuti passare parecchi decenni.

Il saggio si conclude con una rassegna stampa del Congresso. Le organizzatrici rimasero deluse dalla reazione della stampa, che non diede all’evento la visibilità sperata e che nella strategia delle organizzatrici avrebbe dovuto avere un ruolo chiave per nella propaganda per il voto.

Il primo Congresso pro voto fu citato, ma passò in secondo piano. Da un lato, perché avvenne in concomitanza con l’avvio della prima impresa coloniale dell’italia e con l’ingresso delle truppe a Tripoli. Ma anche perché il movimento suffragista sfidava il potere nel suo centro: Giolitti aveva ben altri progetti ed era (come i socialisti), ostile al voto alle donne.

(E.C.)