L’impegno delle mazziniane per l’emancipazione femminile. Il contributo di Elena Ballio
Graziella Gaballo, Joker, 2018 (136 p., 18€)
Con la nascita del Regno d’Italia, il mazzinianesimo è la sola forza democratica in grado di dare voce a una domanda di autonomia e di cittadinanza femminile.
Il percorso politico e culturale di Elena Ballio (1847-1917) è al centro della presente ricerca.
Il suo impegno si sviluppò, pur all’interno di una più ampia gamma di interessi, intorno a un filo conduttore principale che teneva strettamente intrecciati i temi dell’emancipazione femminile e della educazione e istruzione delle donne e si manifestò pubblicamente a partire dal 1867 quando, allora risiedente con la famiglia ad Alessandria, fu tra le fondatrici – insieme ad altre venticinque socie, tra cui la sorella Giulia – del Comitato per l’emancipazione delle donne italiane, nato in appoggio al progetto di legge per il voto alle donne presentato quell’anno in parlamento da Salvatore Morelli.
Dal 1868 Elena Ballio iniziò inoltre a collaborare al periodico emancipazionista «La Donna», fondato nel 1868 da Gualberta Alaìde Beccari. Alla attività di insegnante seguì quella di direttrice scolastica. Ma fu anche autrice di manuali, collaboratrice di riviste, conferenziera – mostrando di aderire a quel modello di “donna nuova” in grado di muoversi con autonomia e libertà e di trarre la propria indipendenza economica dal lavoro; l’emancipazione femminile è da lei intesa tuttavia non come oggetto di rivendicazione in sé, semplice risposta a una domanda di uguaglianza, bensì come mezzo per meglio adempiere il proprio dovere nella sfera pubblica, in quel gioco di equilibrio tra diritti e doveri che è alla base del pensiero di Mazzini.