Una ragazza della Resistenza scrive a una quattordicenne di oggi una lettera aperta che ci coinvolge tutte, donne di ogni età. Ci appassiona e ci fa venire voglia di discutere e di fare.
La ragazza della Resistenza si chiama Marisa Ombra. Era un’adolescente malata di anoressia quando scoppiò la seconda guerra mondiale e fu chiamata a scegliere da quale parte stare: fascismo o antifascismo. Le sue riflessioni si dipanano proprio a partire dall‘esperienza dell’anoressia, punto di contatto tra la propria esperienza e quella di molte ragazze di oggi. Una sofferenza che mette il corpo al centro di una domanda politica.
Nella vicenda dell’autrice, fu la guerra a spingerla fuori dal cerchio chiuso e autoreferenziale della propria sofferenza. Il racconto autobiografico di quella svolta che la gettò nel mondo non si esaurisce nel ricordo, ma è la sponda con cui Marisa Ombra interpella la sua giovane interlocutrice e noi tutte sul presente.
La mia generazione, quella che “con le armi e senza armi” ha fatto la guerra – sottolineo “fatto” perché non l’ha soltanto subita, in un modo o nell’altro l’ha proprio “fatta” – ha vissuto con amarezza e anzi con dolore la piega che da un certo momento in poi ha preso l’evoluzione – o meglio la (paurosa) involuzione – del comportamento di molte. Per capire la nostra amarezza bisogna tornare a cosa ci aspettavamo. E per quali buone ragioni.
Così Marisa torna alle buone ragioni e allo snodo più importante della sua vita. I tratti del racconto di quando era staffetta partigiana sono precisi, essenziali, emozionanti. E poi il dopoguerra, che l’immaginazione di chi non l’ha vissuto tinge di grigio e invece:
Tra i ricordi più vivi del dopoguerra ci sono i vestiti, che adesso si facevano nuovi anche riutilizzando la preziosa seta dei paracadute. E ai piedi si continuavano a portare le zeppe di sughero, quando non addirittura di legno, ma nelle vetrine apparivano le prime scarpe con i tacchi a spillo che mi fecero subito innamorare e che ho continuato a portare fino a quando l’artrosi me lo ha vietato. Erano, se non sbaglio, misura dodici, oggi mi sembrano arrivati a venti. Mi sentii nuova come se stessi iniziando un’altra vita. Riuscivo a camminare sciolta e veloce, su quei tacchi, tanto mi piacevano.
Alla faccia dello stereotipo della femminista, ostile per principio ai tacchi a spillo nell’immaginazione di molti e di molte. Circolano ancora idee strane sulle femministe, che dovrebbero essere abbrutite, sciatte, arrabbiate, che odierebbero i maschi. Scrive Marisa Ombra, a proposito di femminismo e di bellezza:
Non puoi sapere la felicità di quelle piazze, che avevamo cominciato ad occupare già a partire dagli anni Cinquanta, ma che diventarono immense e più variopinte, decisamente protagoniste, negli anni Settanta. Quei vestiti colorati, quei reggiseni buttati via. Avremmo deciso noi, da quel momento, cosa era bellezza, quali forme avrebbero avuto i nostri corpi, quali vestiti avrebbero potuto coprirli senza costringerli. Mai più specchio del desiderio altrui.
Già, il corpo. L’impulso di scrivere questa lettera-libro nasce appunto nello sconcerto di un apparente paradosso: da un lato l’ossessione per la bellezza, l’esibizione del corpo femminile ridotto alla sola dimensione erotica; dall’altro un mondo di possibilità accessibili alle giovani di oggi e inimmaginabili per le giovani di ieri. Eppure, in fondo, non è così strano.
A ben vedere, tra la tua generazione e la mia, c’è più di un punto di contatto. Entrambe si sono trovate in mezzo a un mondo cosparso di rovine. La differenza è che alle spalle della mia generazione le macerie si vedevano bene, erano compatte e concrete, e tutte da portare via. Comprendevano le case in rovina, i binari divelti, le strutture dello Stato e il modo di pensare della gente altrettanto rovinati. […] La distruzione con la quale ha a che fare la tua generazione si è compiuta lentamente, in modi più occulti e striscianti. C’è stato un lento sfaldarsi di ogni cosa, invisibile ai più.
Non è per deprimersi che bisogna osservare questo scenario di macerie, ma per coglierne la sfida.
Infatti quello di Marisa Ombra è un libro sulla libertà e dunque è un libro ottimista. C’è un lieto fine che vi invitiamo a scoprire.
Libere sempre. Una ragazza della Resistenza a una ragazza di oggi, Einaudi, 2012
di Marisa Ombra
ed. Einaudi, 2013
83 p., 10€
Eleonora Cirant