Gina Borellin

Può sembrare strano che nei primi anni Cinquanta, a pochi anni dalla fine di un regime dittatoriale che aveva governato il popolo con la repressione, le purghe, la censura, in Italia si ripresenti una forte spinta neofascista nella politica e nella società. I motivi sono molti. Tra essi, la mancata bonifica da elementi fascisti nell’esercito, nel notabilitato e nei gangli della burocrazia statale; al sud, il sistema di interessi legato al latifondo e ai grandi proprietari terrieri, ostili alla riforma agraria volta a creare piccole proprietà contadine; la difficoltà di molti reduci di guerra nell’integrare la propria esperienza in una narrazione collettiva e le conseguenti derive nostalgiche; l’anticomunismo, sollecitato dalla divisione politica del mondo in due sfere e, in Italia, dall’azione sistematica del Vaticano contro il laicismo.

Il discorso che presentiamo qui in versione integrale viene pronunciato il 5 giugno 1952 da Gina Borellini, deputata alla Camera, durante la discussione parlamentare sul disegno di legge dell’allora Ministro dell’interno, Mario Scelba, inteso a vietare la ricostruzione di partiti fascisti e l’apologia di fascismo (Legge Scelba) (1).

Gina Borellini è medaglia d’oro al valor militare per la sua attività nella Resistenza. Il discorso alla Camera che qui proponiamo è stato pubblicato dall’Unione donne italiane, organizzazione nata dai Gruppi di difesa della donna che nel periodo resistenziale raccoglie le donne partigiane di orientamento comunista. L’opuscolo fa parte del fondo bibliografico Udi Milano, donato alla biblioteca dell’Unione femminile nazionale. In appendice si trovano brevi biografie delle 15 donne che hanno ricevuto la medaglia d’oro per la lotta di Liberazione: Irma Bandiera, Gina Borellini, Lidia Bianchi, Carla Capponi, Gabriella degli Esposti in Reverberi, Cecilia Deganutti, Anna Maria Enriquez, Tina Lorenzoni, Ancilla Marighetto, Clorinda Menguzzato, Irma Marchiani, Norma Fratelli Parenti, Rita Rosani, Modesta Rossi Palletti, Vera Vassalle.

Note

(1) Sull’applicazione della Legge Scelba nella storia repubblicana vedi Savero Ferrari su Il Manifesto.
Sull’attività di gruppi neofascisti e neonazisti oggi, l’intervista di Saverio Ferrari su Momi-z e il Dossier dell’Osservatorio sulle nuove destre.

(2) Alberto De Bernardi, Luigi Ganapini, Storia d’Italia 1860-1995, Mondadori, 1996.
Silvio Lanaro, Storia dell’Italia repubblicana. L’economia, la politica, la cultura, la società dal dopoguerra agli anni ’90, Marsilio, 1997

Le donne italiane contro il risorgere del fascismo

discorso pronunciato alla Camera dall’On. G. Borellini, Medaglia d’Oro. A cura dell’Unione donne italiane, Stampa Moderna, Roma, 1952
Le donne italiane contro il risorgere del fascismo (pdf)

Signor presidente, onorevoli colleghi, se potessero intervenire nel dibattito su questo disegno di legge la gente umile e semplice, le migliaia di patrio­ti italiani assassinati dai fascisti, le mamme, le spose ed i ragazzi che sono stati colpiti dalla ferocia fascista durante la guerra di liberazione nazionale e durante tutto il ventennio, essi certamente si chiederebbero con quale coraggio gli oppositori di questa legge facciano appello al senso democratico dei parlamentari ed alla Costituzione repubblicana, e si richiamino centinaia di volte ad articoli della Costituzione che si riferiscono alla libertà del cittadino, al suo diritto inviolabile di riunirsi liberamente in partiti politici e in associazioni, di esprimere liberamente il proprio pensiero in ogni forma e con ogni mezzo. E’ sorprendente – per non dire altro – permettetemi la espressione – come ad un certo punto la relazione di minoranza così candidamente affermi: date un bell’esempio, voi che vi dite democratici, quando volete impedire che un gruppo, un partito politico, più o meno consistente, possa presentarsi liberamente sulle piazze ed esprimere il proprio pensiero.

Volete impedire questo ad un partito politico che chiede soltanto di poter concorrere a parità di condizioni in libere contese elettorali, di potere, attraverso gli eventuali eletti concorrere ad amministrare comuni, regioni, Stato.

Di fronte a tale impostazione data dagli oppositori della legge, viene spontaneo di chiedersi: ma ci credete tanto ingenui da non vedere, da non capire che cosa praticamente ci chiedete, anche se lo fate in modo così candido? Forse ieri, cioè prima della recente campagna elettorale, ci potevano essere non in questa aula, certamente, ma fuori, uomini che non vedessero, che non sapessero chi erano coloro che dirigevano il M.S.I. e quali erano le loro precise intenzioni. Ma oggi è chiaro a tutti i cittadini che cosa vuole il M.S.I. e quale pericolo esso rappresenta. Praticamente costoro in nome della libertà, della Costituzione repubblicana, ci chiedono di portare sulle piazze come già è stato rilevato in quest’Aula da più di un oratore i maggiori responsabili della catastrofe italiana, di portare in nome della libertà sulle piazze d’Italia uomini come Graziani, come Anfuso, come Borghese, di cui avete avuto pocanzi le biografie presentate in modo così…, efficace dal deputato Amendola. Dare a costoro il diritto di tornare sulla scena politica, di discutere il verdetto popolare che è stato sancito nella Costituzione italiana, vuol dire non solo mettersi contro gli antifascisti, ma contro la Costituzione, contro la Repubblica, contro il popolo italiano.

E in quest’aula è stato dimostrato, in questo dibattito, come vivo sia in ogni uomo e in ogni donna il ricordo di ciò che ha significato il fascismo: la soppressione brutale della libertà dei cittadini e la rovina della patria, la distruzione della stessa famiglia. Di questo giustamente hanno tenuto conto i colleghi di tutti i settori politici della Camera, che hanno elaborato e votato la Costituzione, garantendo la libertà a tutti i cittadini e partiti politici, tranne che ai fascisti, tranne praticamente a coloro che hanno fatto della negazione della libertà la loro insegna, che hanno calpestato la vecchia Costituzione ad ogni passo e, non riconoscendo gli errori del passato, vogliono persistere nella loro opera nefasta di inganno e di tradimento ai danni della nazione.
Non vi può essere libertà per i fascisti, non vi può essere libertà per costoro che hanno iniziato la loro opera politica con la distruzione della personalità umana, con la distruzione della famiglia, arrivando a portare la patria alla rovina. Chi non ricordai quegli uomini liberi, quei padri di famiglia prelevati dagli squadristi in camicia nera dalle loro abitazioni, dal letto coniugale, dagli uffici di lavoro? Prelevati, bastonati, tradotti in carcere o massacrati da­ vanti alle loro abitazioni, o davanti alle Camere del Lavoro incendiate.
Che cosa è avvenuto delle loro mogli, dei loro figli, dei loro genitori? Che cosa è avvenuto di quelle famiglie? Quanti nomi si potrebbero fare! Quanti conosciuti, quanti rimasti sconosciuti! Ma da tutti sono conosciute le loro sofferenze morali e materiali. Per venti anni, mogli, figli, famiglie di antifascisti sono stati perseguitati, sono stati sottoposti al più spie­ tato terrore. Costretti a vivere lontano dai loro cari, nel più completo isolamento. Quanti di costoro non sono più tornati, lasciando un vuoto incolmabile nelle loro case.
Tutto questo non può e non deve essere dimenticato, come non può esserlo l’olio di ricino, come non può esserlo la tessera obbligatoria per poter lavorare, come non possono esserlo gli anni di carcere, di confino, distribuiti dai tribunali speciali, come non può esserlo la falsa propaganda patriottica condotta per venti anni, basata soltanto sulla esaltazione dell’aggressione alla vita e alla libertà di altri popoli. Che cosa debbono dire ancora al popolo italiano i fascisti, qualunque sia il loro nuovo nome, liberamente e in nome della Costituzione?
Costoro per 20 anni hanno esaltato falsamente la patria e la famiglia e, mentre facevano intendere ed obbligavano a credere di voler l’Italia grande e premiavano le famiglie numerose, imbarcavano l’Italia in avventurose guerre di aggressione, rovinando l’Italia e distruggendo la famiglia. Distribuivano i premi di natalità ed intanto mandavano gli adulti, i padri, i giovani a morire in Abissinia, in Spagna ed in fine nella famigerata guerra hitleriana; e nella loro opera di distruzione, di tradimento ai danni della patria, della famiglia, nulla hanno risparmiato. Persino la fede dal dito alle spose hanno tolto, così come hanno prelevato le campane dalle chiese, anche se sacre: e la fede per la donna è sacra, come sacre sono le campane per i fedeli.

Tutto il nostro popolo ha condannato il fascismo.

Ed ora l’onorevole Almirante, ad un certo punto della sua relazione, chiede che sia realizzata sino in fondo la democrazia e cioè, in altre parole, in nome di questa pretende che anche i fascisti possano ritornare sulla scena politica. Non deve dimenticare l’onorevole Almirante, come non lo devono coloro che stanno fuori di quest’aula che l’hanno delegato a sostenere questa tesi, che il fascismo non è stato condannato da un partito o da un gruppo di uomini eroici che hanno tenuta alta la bandiera della libertà, della patria, dell’antifascismo per venti anni in carcere, ma che il fascismo è stato condannato nella forma più completa da tutto il popolo italiano, (Ap­ plausi all’estrema sinistra) anche da parte di coloro che, ingannati dal falso patriottismo mussoliniano, lo avevano direttamente o indirettamente sorretto e seguito, e anche da parte delle stesse spose che, convinte di servire la patria, avevano ceduto la loro fede, il loro anello. Ma non dimentichi soprattutto l’onorevole Almirante e coloro che fuori e dentro quest’aula hanno sostenuto questa tesi che, se anche il Parlamento italiano (e per fortuna così non è, come è stato dimostrato in questo dibattito) volesse realizzare fino in fondo quello che intende lui per democrazia, il popolo italiano non lo permetterebbe mai. (Applausi all’estrema sinistra).

Il contributo delle donne alla guerra di Liberazione.

Donne e uomini, giovani e vecchi, da Torino a Roma a Napoli a Milano e alla Sicilia, si sono battuti con tutte le loro forze fino al sacrificio supremo. Il popolo è insorto con tutte le sue energie, spinto dal sentimento patriottico, assetato di libertà, di giustizia e di pace, contro il fascismo che aveva consumato fino in fondo la sua opera di tradimento ai danni del nostro paese. Ed è bene rilevare. come anche le donne a mi­ gliaia sono accorse al richiamo della patria invasa e tradita. Nella difesa della patria difendevamo la nostra stessa famiglia. La patria era invasa dallo straniero, i mariti, i fratelli, i figli nostri erano braccati, perseguitati dalla canaglia fascista, seviziati e uccisi nelle pubbliche vie nel modo più brutale e criminoso. Non vi era più pace nelle nostre case e sere­ nità nelle. nostre famiglie. Si era spenta la fiamma che dava serenità e gioia al nostro focolare. Per la prima volta nella storia del nostro paese le donne hanno partecipato in massa alla lotta per la libertà e l’indipendenza del paese. Da Anita Garibaldi si è arrivati a centinaia di migliaia di Anite Garibaldi e le donne hanno dimostrato così nel modo più concreto il loro profondo sentimento patriottico, il loro amore per la libertà e l’indipendenza del nostro paese.

E’ bene citare qui alcuni dati molto significativi in questo senso, 70 mila donne appartenenti ai gruppi di difesa della donna durante la guerra di liberazione nazionale, 35 mila donne riconosciute partigiane com­ battenti, 4.653 arrestate, torturate, condannate, 623 donne fucilate e cadute, 2.750 donne deportate in Germania, 512 commissarie di guerra. Dati che dimostrano qualche cosa, che sono la prova concreta, anche se non sufficiente, a dimostrare il contributo che alla lotta contro il fascismo e per la libertà hanno dato le donne d’Italia, perchè centinaia di migliaia di altre donne potrebbero essere aggiunte a queste cifre se volessimo elencare le contadine emiliane, le donne del Nord, le donne di Torino che hanno partecipato in un modo o nell’altro alla lotta di liberazione na­ zionale. Quante di queste donne, di queste vecchie, di queste madri concessero il loro letto e divisero il loro pane coi combattenti, affrontando il rischio della vita per dare un contributo alla guerra di liberazione nazionale: donne che lottavano, che sapevano perchè lottavano e combattevano pur sapendo che combattendo si sarebbe potuto morire. Ma esse sapevano perchè combattevano e perchè morivano, come Natalina Vacchi, impiccata a Rovigo all’alba del 25 agosto 1944 con 11 altri martiri. Natalina moriva sapendo perchè moriva. Le sue ultime parole furono per l’Italia, il suo ultimo grido fu: «Viva l’Italia, viva i partigiani». Il suo corpo fu lasciato appeso alcuni giorni perchè servisse di monito e di terrore alla popolazione.

Le eroine della Resistenza.

Ma l’esempio di Natalina Vacchi, il suo grido «Viva l’Italia» fu accolto da centinaia di donne; e non ebbe l’esito desiderato dai fascisti il fatto di lasciare il suo corpo martoriato appeso, no, l’esito fu opposto, Il grido di Natalina Vacchi «Viva l’Italia» fu accolto da centinaia di altre donne, da centinaia di altri cittadini, fu di incitamento alla difesa della patria. Lo fu per Loredana Sardelli, medaglia d’argento, appena sedicenne, che ferita continuava a combattere in nome dell’Italia e per l’Italia nel grande e glorioso combattimento di Porta Lama a Bologna.
L’eroismo delle donne non si ferma qui, esse hanno saputo anche assumere posti di comando. Citerò un esempio per tutti: la medaglia d’argento Norma Barbolini. Nel ettembre del 1944 seguiva il fratello ìn montagna, rimanendo al suo fianco nei momenti più critici e disperati della formazione da lui comandata. Infatti, quando per una grave ferita riportata in combattimento il fratello fu costretto alla immobilità, essa assunse il comando ed al posto del fratello inquadra gli uomini e li guida nelle ulteriori battaglie.
L’eroismo delle donne d’Italia ed il profondo sentimento patriottico che le ha animate nella guerra di liberazione nazionale è dimostrato oltre a tutto in centinaia di documenti ufficiali, dalla più alta ricompensa al valore, come la medaglia d’oro concessa a Irma Bandiera di Bologna, a Carla Capponi di Roma, a Enriquez Anna di Firenze, a Davoli Bruna di Reggio Emilia, a Lorenzoni Tina di Firenze, Marghetto, Ancilla di Trento, a Menguzzato Clorinda di Castel Tesino, a Rosani Rita di Monte Comune, a Rossi Modesta di Zona di Solaia, a Gabriella Degli Esposti di Modena, a Bianchi Lidia di Torino. E’ dimostrato da tante altre donne con decorazioni minori….

AMENDOLA GIORGIO: E alla Borellini (Applausi all’estrema sinistra).

BORELLINI GINA: …ma altrettanto significative, come la medaglia d’argento concessa alla popolana diciottenne Maddalena Cerasuolo, che a Napoli salvò il ponte minato dai tedeschi durante le quattro gloriose giornate.

Per la Patria sopportarono sevizie inenarrabili.
Mi sia concesso, onorevoli colleghi, di leggere qui per tutte le altre la motivazione della medaglia d’oro a Gabriella Degli Esposti, che vale a significare l’eroismo deile donne d’Italia e la ferocia dei traditori fascisti.
Gabriella Degli Esposti: “Due tenere figliole, l’attesa di una terza, non le impedirono di dedicarsi con tutto lo slancio della sua bella anima alla guerra di liberazione. In quindici mesi di lotta senza quartiere si dimostrava. instancabile ed audacissima combattente, facendo della sua casa una base avanzata delle formazioni partigiane, eseguendo personalmente numerosi atti di coraggio e contribuiva alacremente alla diffusione della stampa cìandestina. Accortasi di un rastrellamento, riusciva ad allontanare gli sgherri dalla propria casa per un breve tempo e incurante della propria salvezza metteva al sicuro le figliole e occultava documenti compromettenti. Catturata, fu sottoposta alle torture più atroci per indurla a parlare; le furono strappati i seni e le furono cavati gli occhi, ma ella resistette imperterrita allo strazio atroce senza dir motto. Dopo dura prigionia, con le carni straziate ma non piegata nello spirito fiero, dopo aver assistito alla esecuzione di dieci suoi compagni, affrontava il plotone di esecuzione con il sorriso sulle labbra e cadeva invocando un’ultima volta l’Italia adorata». (Applausi all’estrema sinistra).
Gabriella Degli Esposti cadeva invocando il nome d’Italia.

Massacri fascisti di popolazioni inermi.

Come centinaia di altre donne, pur con il dolore che può soffrire una madre, ha saputo sacrificare tutto e mettere la patria anche al di sopra dei propri figli. Ma la ferocia dei traditori fascisti non ha col­ pito solo i partigiani. Quegli individui, che non ave vano più nulla di umano, si sono macchiati dei più orrendi delitti, infierendo sulle popolazicni inermi, sui vecchi come sui bambini. E come si gloriavano delle loro gesta, come si gloriavano dei loro misfatti! Di ritorno dalla strage di Vinca dicevano: si camminava sui cadaveri; la mia camicia nera era diventata rossa di sangue.
Permettetemi di leggere la testimonianza di sopravvissuto a quella strage «Mi hanno ucciso la madre, la moglie, la sorella, la figlia… Mi hanno ucciso la nonna, il nonno paralitico, la moglie, la cognata, i bambini…». Soprattutto le donne, erano le vittime della strage. Raccontano i testi che” fuggimmo solo noi uomini quando cominciò il rastrellamento

E invece massacrarono proprio le donne a decine, coi bambini ed i vecchi impotenti a fuggire. In uno stallo per pecore, il Mandriane, radunarono una trentina di donne, denudarono e violentarono le più giovani, poi le annientarono a scariche di mitra e a colpi di bombe a mano. Una giovane sposa, Alfierina Marchi, fu violentata sulla riva del Lucido sotto gli occhi del marito e uccisa con lui. Una donna incinta fu finita a colpi di baionetta e tre fascisti le estrassero il feto dal ventre. Il cadavere d’una vecchia fu sfregiato in volto e violentato con un grosso bastone. Ad una madre strapparono il bambino di due mesi e lo gettarono in aria facendo il «tiro al pettirosso». Una brigata nera raccontò d’aver ucciso una bambina sparandole una raffica nel basso ventre; un’altro si vantò d’aver accoppato una ragazza dopo averla derubata. Donne furono uccise a colpi di bomba a
mano nelle loro case e bruciate con esse. Moltissime furono trovate, cadaveri, ancora in atteggiamento di chi chiede pietà in ginocchio.

Sulle donne di Vinca si sfrenò, per quattro giorni e tre notti, la più selvaggia furia omicida, il più sanguinoso sadismo che il nostro paese abbia conosciuto. I fascisti le accusavano di avere aiutato i partigiani. Una settimana prima che si scatenasse la strage, gia alcune brigate nere avevano annunciato che avrebbero portato a Vinca « un bel saluto».

E come Vinca: Boves, Marzabotto, Monchio, Co­ strignano, Susano e decine e decine di altri paesi. Nel Veneto, nel Trentino, in Emilia. Le donne che sono cadute vittime di questi paurosi macelli insieme con i loro bambini restano nel cuore di tutti come dolente, tragico ricordo, come severo monito agli italiani.
Quante volte li abbiamo visti fare i leoni, forti solo della loro criminalità, infierire sugli inermi cittadini, uccidere solo per uccidere come han­ no ucciso Teresa Gallucci, madre di cinque figli e con un sesto nel seno mentre salutava ìl marito arrestato; come Emma De Simoni, massacrata con il suo bambino per rappresaglia, come tanti altri cittadini inermi che non è possibile elencare, ma che vivono nell’animo del popolo italiano e di ognuno di noi.
Centinaia di donne, di madri, di ragazze, centinaia di giovani, di padri di famiglia e di patrioti, al di sopra delle idee e delle fedi hanno combattuto il fascismo, i suoi metodi, i suoi fini; non hanno tremato di fronte alla morte, di fronte ai plotoni di esecuzione, di fronte ai carnefici: fieri e orgogliosi della causa per la quale hanno rinunciato alla vita.
Essi sono morti scrivendo col loro sangue generoso la condanna inesorabile al fascismo. Spetta a noi sopravvissuti a quella lotta impedire che il fascismo ritorni sotto qualsiasi forma.

Impediamo il risorgere del fascismo!

Onorevoli colleghi, non sarà sufficiente approvare questa legge, anche se ci impegnamo a farla rispettare. Bisognerà fare qualche cosa di più. E’ stato detto in quest’aula da parte di autorevoli colleghi: bisognerà che vi sia nell’animo di ognuno di noi, e non solo a parole, la volontà di impedire il risorgere àel fascismo. Se questa volontà ci sarà specie da parte della maggioranza della Camera, allora a questa legge si faranno seguire tutti i provvedimenti necessari ad estirpare le cause che hanno generato il fascismo.

L’onorevole Amendola ha elencato molto chiaramente quali sono le cause che hanno generato il fascismo e dove stanno le radici. Non occorrono, io credo, leggi di natura speciale, basterà applicare la nostra Costituzione che è sorta da quella lotta, applicarla nel suo spirito e nel suo contenuto. Occorre non prestare il fianco alle forze che hanno generato e sorretto il fascismo e non andare a cercare nel cestino dei rifiuti e fare una cernita fra fa.scisti buoni e cattivi per trovare degli alleati, anche se siamo in tempo di campagna elettorale.
E’ indispensabile, se si vuole impedire il risor­ gere del fascismo nel nostro paese, ritrovare l’unità con tutti coloro che il fascismo hanno veramen­ te combattuto, con tutti coloro che hanno combat­ tuto per l’unità e l’indipendenza della patria, che hanno dato un valido contributo e che oggi possòno contribuire in modo fattivo e concreto, nella stessa misura, alla rinascita del nostro paese.

Onoriamo le eroine della Resistenza.

Onorevoli colleghi, il Presidente del Consiglio una volta ebbe a lamentare che i giovani crescano allettati dai miraggi del fascismo. Ma io chiedo e lo chiedo soprattutto allo stesso Presidente del Consiglio che cosa ha fatto perché la gloriosa storia del secondo Risorgimento italiano fosse conosciuta dalle nuove generazioni, che cosa ha fatto perchè queste fulgide figure di donna che ho citato fossero conosciute dalle giovani d’Italia?
In questo senso molto è stato fatto dalle organizzazioni popolari. Molte case del popolo, bandiere, circoli ricreativi portano il nome di questi eroi, di queste eroine, perchè il popolo non dimentica conserva vivo il ricordo dei suoi figli ma bisogna pure lamentare, che nello stesso modo, con lo stesso spirito, non abbiano agito gli organi governativi perchè questa pagina di storia così eroica, così fuìgida, cosi bella deve essere conosciuta. Perchè, ad esempio, nessuna scuola è intitolata al nome di queste purissime eroine, che meritano di essere venerate come sante? Perchè le loro gesta, il loro patriottismo, gli alti ideali per i quali caddero non vengono insegnati nelle scuole? Anche questo è uno dei tanti modi che oltre a tutto ci consente di impedire ai giovani di essere ancora una volta trascinati dalla falsa propaganda fascista. Ho voluto sottolineare questo aspetto anche se altri colleghi in modo molto più efficiente di me in quest’aula lo hanno fatto.
Se riteniamo giusto, come è previsto dall’articolo 9 di questa legge, far conoscere l’attività antidemocratica e rovinosa del fascismo, si rende indispensabile esaltare e portare a conoscenz l’eroismo e il patriottismo di coloro che hanno sacrificato la vita per la libertà d’Italia.
Errore, Onorevoli colleghi, i nomi di queste eroine, di questi eroi, sono lasciati cadere nell’oblio per il solo fatto che molti di questi sono o erano co­ munisti o socialisti.

Facciamo che il loro sacrificio non sia stato vano.

Dobbiamo dire che non vi è errore più grave e più dannoso di quello di lasciare ignorare i valori della Resistenza per denigrare una parte delle forze della Resistenza, non tralasciando neppure gli arresti e le persecuzioni: si creano le condizioni per la rinascita del fascismo. Nella recente campagna elettorale abbiamo assistito a fatti che offendono la memoria e il sacrificio dei nostri morti e disonorano l’Italia agli occhi di tutto il mondo. Dopo tutte le sofferenze patite, dopo una lotta dura ed aspra contro il fascismo, una lotta che è costata la vita dei nostri figli migliori, una lotta che ha privato non dobbiamo dimenticarlo migliaia di bimbi dei loro genitori, migliaia di mamme dei loro figli, migliaia di spose dei loro mariti, il fatto che, a distanza di sette anni, i maggiori responsabili del fascismo e della catastrofe italiana abbiano potuto parlare sulle piazze d’Italia al canto degli inni che ricordano le ore più tragiche della storia del nostro paese, offendendo la memoria dei morti e suscitando un profondo senso di sdegno e di ribellione nei vivi, deve farci riflettere e agire.
Concludo, onorevoli colleghi, nel ricordare come ognuno di noi che si è trovato durante la guerra di liberazione nazionale, al posto delle mamme, a dare l’ultimo sorso d’acqua e l’ultimo addio a un patriota che ci abbandonava per sempre senza chiedergli quale fosse la sua fede politica e religiosa, abbia fatto la promessa di non dimenticare le parole che ogni volta ci venivano ripetute: «Fate che il nostro sacrificio ci dicevano i caduti non sia stato vano». Ebbene, onorevoli colleghi, uniti con loro, rinnoviamo la promessa dicendo ai nostri compagni di lotta, di sofferenze e di gloria: Riposate in pace; finchè in Italia ci sarà un antifascista e sarà vivo un partigiano, il vostro sacrificio non sarà stato vano e ìl fascismo non passerà. (Applausi Congratulazioni).

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