Ada Negri, ovvero della poliedricità
Il primo di una serie di volumi dedicata alla grande scrittrice di primo Novecento ne mette in rilievo la vastissima attività pubblicistica
Divenuta famosa a soli ventun anni come poeta (la pubblicazione di Fatalità le ottiene dal ministro Martini il trasferimento dall’oscuro borgo di Motta Visconti, dove era maestra elementare, al Gaetana Agnesi di Milano); e ancor più apprezzata in seguito come prosatrice, a partire da quella raccolta del 1917, Le solitarie, che ne fa scoprire le indiscusse qualità narrative, ancor oggi Ada Negri non è nota al grande pubblico (ma nemmeno a buona parte della critica) per gli altri ambiti culturali nei quali ha messo in luce le sue capacità. Così è avvenuto per la sua vastissima attività pubblicistica, diffusa su oltre cento periodici e in gran parte non più riedita: in occasione degli ottant’anni dalla morte è iniziata la pubblicazione degli scritti giornalistici; e nei prossimi anni verranno riproposti i ritratti, le prose memorialistiche, le recensioni e le poesie disperse.
Ada Negri giornalista e critica letteraria.
Parliamo di un’attività critica e giornalistica di assoluta rilevanza, che inizia nel marzo 1901, quando esce il suo primo articolo sul foglio dell’Unione Femminile (istituzione che lei stessa aveva collaborato a fondare a Milano due anni prima). Si tratta di un’accorata commemorazione di Mariuccia Majno, la cui morte per difterite a soli tredici anni convinse i genitori a fondare l’Istituto a lei dedicato in cui bambine e adolescenti traviate, vittime di violenze sessuali o già avviate alla prostituzione, potessero trovare un’occasione di riscatto ed essere indirizzate a lavori dignitosi.
Due anni dopo inizia la sua collaborazione al «Corriere della Sera», dove nell’arco di quarant’anni pubblica quasi duecento pezzi, occupandosi delle nuove forme di umanitarismo nascenti, soprattutto a Milano: l’Albergo popolare e la Scuola agraria femminile, l’Ospizio Trivulzio e l’Università popolare, la Croce Verde e la Casa del Lavoro; e proponendo fulgidi esempi di solidarietà e impegno sociale nelle figure di Alessandrina Ravizza, Bambina Venegoni, Rosa Storti, Gualberta Alaide Beccari.
Anche l’esordio nel campo della critica letteraria si ha sul mensile «Unione Femminile», nel 1903, con la recensione a Love’s Crucifix della poetessa americana Agnès Tobin: è solo l’inizio di un’attività critica estremamente significativa, che in totale nell’arco di una trentina d’anni produrrà oltre sessanta recensioni e prefazioni, pubblicate anche su periodici di primo piano quali «L’illustrazione italiana», «Nuova Antologia», il «Corriere della Sera», «La Donna», «Il Marzocco», «Il Secolo», «I libri del giorno», «L’Ambrosiano». Riguardano per lo più opere italiane o francesi, anche di scrittori molto noti come Guido Gozzano, Enrico Cavacchioli, Raffaello Barbiera, Federigo Tozzi, Massimo Bontempelli, Marino Moretti. Ada rivela in questi commenti un’attenzione critica mai pedante o cerimoniosa, che si nutre piuttosto di un dialogo costante con lettrici e lettori, coinvolti nelle riflessioni dell’autrice attraverso un periodare affabile e controllato, un linguaggio sempre nitido e suggestivo; i molteplici rimandi critici e i riferimenti ad altri testi letterari testimoniano la non corriva cultura della Negri, che si nutriva di letture estese e approfondite.
Molti sono poi gli articoli di costume, a partire da quello dell’agosto 1905 intitolato Delitti d’amore nel quale è affrontato in tutta la sua crudezza il tema del femminicidio. Dello stesso anno è l’articolo L’infanzia, nel quale Ada prende a cuore la situazione dell’«immensa, brulicante, anonima folla infantile», evidenziando come «la pedagogia, che fa miracoli nell’educazione dei fanciulli agiati e ricchi, non è quella che si possa applicare ai bimbi miserabili».
L’anno successivo inizia la collaborazione con «Il Marzocco», una delle riviste letterarie più importanti del primo Novecento, dove scrive di Giuseppe Giacosa e delle attività rivolte al mondo muliebre, che (sono parole sue) «stanno formando, in questi ultimi anni, una coscienza e un attività femminile essenzialmente moderna».
Un’ulteriore tappa dell’attività pubblicistica si ha nell’aprile 1906, quando è inviata speciale del «Corriere» a Napoli in occasione dell’eruzione del Vesuvio e del terremoto che ne consegue: nell’arco di otto giorni propone cinque reportages che descrivono in maniera efficace la drammatica situazione delle popolazioni colpite dalla sciagura. Questa stessa partecipe attenzione alle vicende degli umili è visibile anche nei quattro articoli apparsi sempre sul «Corriere» tra il 1910 e il 1911, dove sono proposte ai lettori molte incisive riflessioni su alcune attività filantropiche attuate in quegli anni in Italia: le scuole ambulanti serali e festive organizzate in zone poverissime del Lazio dagli scrittori Giovanni Cena e Sibilla Aleramo; l’attività di Camillo Hajech, primario di Pediatria presso l’Ospedale Maggiore di Milano, di Ambrogio Bertarelli, sostenitore di una radicale riforma dell’Ospedale Maggiore, del ginecologo Luigi Mangiagalli, ideatore dell’omonimo Istituto ostetrico-ginecologico e fondatore dell’Asilo per le madri povere e legittime Regina Elena.
Esce sempre nel 1911 sul «Marzocco» l’articolo Un figlio, molto significativo perché vi si afferma con forza il diritto della donna ad abbandonare un «matrimonio mal riuscito», un matrimonio di convenienza impostole dalla famiglia o dalle circostanze; e si auspica che ogni donna possa avere un figlio al di fuori di ogni vincolo coniugale, senza per questo essere biasimata dai benpensanti.
La collaborazione con il «Corriere» si interrompe bruscamente nel 1913, in occasione del trasferimento di Ada in Svizzera al seguito della figlia Bianca: riprenderà nel 1926, con minor frequenza, ma nel frattempo non cessa l’attività giornalistica, che appare costantemente in periodici come il «Secolo», il «Radiocorriere», «L’Ambrosiano». La fase finale della produzione negriana è caratterizzata da una spiritualità sempre più intensa: non è un caso che gli ultimi articoli pubblicati siano dedicati a figure religiose da lei molto amate: accanto a Madre Cabrini e a don Barsotti troviamo Santa Caterina da Siena, il monaco agostiniano di origini messicane padre Leopoldo e Santa Teresa di Lisieux.
Pietro Sarzana ha curato di recente la raccolta di scritti di Ada Negri “La fama mi sorprese”. Articoli giornalistici (1903-1918) (PMP, 2024), il primo di una serie di cinque che verranno, e un’altra raccolta per Oscar Mondadori Poesie e prose (2020). Redattore della rivista genovese “Il gallo”, ha pubblicato Con rabbia e tenerezza: poesie, 1973-1991 (Lodigraf, 1991), Nell’assoluto del tempo (Ancora, 2006) e con Chiara Cremonesi La filigrana del dolore: poesie a quattro mani (s.n., 2015).