Segnare una linea di demarcazione tra realtà e rappresentazione, tra donne oggetto (dentro la TV) e donne soggetto (fuori dalla TV) non aiuta a capire perché e come l’immagine delle donne nei mezzi di comunicazione di massa sia sempre più schiacciata sul tipo della “velina”. Piuttosto che aiutare a rompere le dinamiche con cui si costruisce questa immagine, le asseconda.
Questa in sintesi l’analisi di Alessandra Gribaldo, antropologa, e Giovanna Zapperi, storica e teorica dell’arte, nel piccolo ma denso volume Lo schermo del potere (Ombrecorte, 2012). Seguendo la traccia indicata da Foucault, la prospettiva è quella di analizzare il potere contemporaneo non come qualcosa che opprime le persone dall’esterno privandole di libertà, ma come trama di rappresentazioni che ne modellano i desideri e rispetto a cui è possibile creare dissenso e fratture solo riconoscendole come parte di sé. La proposta delle autrici vuole inoltre essere femminista nel senso radicale del termine e cioè non come rivendicazione di ruoli ma come critica dei ruoli.
Ci avviciniamo ad una pratica davvero conflittuale non mettendo le donne degne da una parte e le indegne dall’altra, in schieramento frontale, ma riconoscendo che
la tensione fra il guardare e l’essere guardate è strutturante l’identità femminile. […] La tv commerciale ha espresso questa tensione, proprio dopo un decennio [gli anni Ottanta] di lotte femministe.
Il “guardare” non è neutro, ma coinvolge fortemente il genere. L’intreccio fra desiderio, merce, corpo femminile non è nuovo ma è già stato esplorato dalla filosofia ben prima dell’avvento della televisione, in particolare da W. Benjamin.
La proposta operativa delle autrici è dunque di modificare i termini della domanda:
Non “che cosa voglio”, ma “che cosa vogliono quelle immagini da me”.
In aperto contrasto con le parole d’ordine del movimento “Se non ora quando”, le autrici ne analizzano alcuni slogan e campagne mettendoci in allerta sul rischio di fraintendere “la differenza” intesa come ricerca di qualcosa di nuovo e sconosciuto con “la differenza” come spazio di consumo, oppure come verità astratta (e perciò inattingibile).
L’unico limite di questo saggio profondo e colto sembra, a chi scrive, quello di un linguaggio da addette ai lavori che appare oggi leggermente consunto. E’ tuttavia un saggio coraggioso, che spinge a domande radicali. Piuttosto che considerare quelle immagini come artificiali e degradanti in opposizione a una differenza femminile originaria, pura, le autrici invitano a considerare che
non vi è nulla da preservare, ma tutto da ripensare e immaginare.
Un programma che invita a frequentare un territorio di sperimentazione, artistica in particolare.
Lo schermo del potere. Femminismo e regime della visibilità
di Alessandra Gribaldo e Giovanna Zapperi
ed. Ombrecorte, 2012