Il silenzio delle madri. Analisi dei casi di infanticidio presentati nel “Corriere della Sera” negli anni 1958-59-60

Tesi di Laurea di Ilenia Navazzotti, Relatrice Elisa Mazzella (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Scienze dell’Educazione e della Formazione), AA 2016/2017

La tesi è in consultazione presso la nostra biblioteca.

Introduzione

L’infanticidio, come l’abbandono, sono fenomeni che caratterizzano un evento più ampio: il rifiuto della maternità; un rifiuto che forse non va guardato in senso negativo, ma come l’espressione di una fragilità che accompagna la maternità, dalla gravidanza e per tutta la vita (1); una fragilità che non riguarda solo la madre, ma entrambi i genitori, tanto che si potrebbe parlare di fragilità della genitorialità.

Tale fenomeno, pur con caratteristiche diverse, è presente ancora nella nostra società.

In quanto puericultrice nel reparto di maternità di un ospedale milanese, il tema della genitorialità ha a che fare quotidianamente con il mio lavoro e interroga la mia professionalità: è proprio da questo desiderio di approfondire tali problematiche che nasce il presente elaborato.

Le difficoltà che emergono nelle madri già dai primi giorni di vita dei bambini e che osservo quotidianamente non vanno giudicati come segni di una presunta incapacità ad essere madri; quanto dice Giulia Di Bello nell’introduzione del suo volume Il rifiuto della maternità. L’infanticidio in Italia dall’Ottocento ai giorni nostri in riferimento al fenomeno dell’infanticidio può essere riferito anche ad un modo semplicistico di guardare alla maternità:

«La notizia giornalistica induce e amplifica la reazione emotiva al fatto, sconvolgendo l’ideale di amore materno assoluto ancora prevalente nel senso comune, che fa riferimento a una madre “naturalmente” e “biologicamente” buona, in una dimensione fuori dalla storia e dalla cultura, in cui si esclude la conflittualità e l’ambivalenza di emozioni e la contemporanea presenza di sentimenti negativi, continuando a considerare più tranquillizzante il modello ideale che distingue rigidamente “buone” e “cattive” madri.» (2) La stessa autrice prosegue dicendo «Anche l’ideale materno ha una sua storia, che non può prescindere dai cambiamenti della condizione femminile e dello status della maternità.» (3).

In particolare la presente ricerca si sofferma su un periodo storico poco studiato, quello della fine degli anni ’50 del ‘900 in Italia.

Per svolgere tale lavoro ho selezionato 111 articoli di cronaca italiana riguardanti casi di decesso o abbandono di bambini, pubblicati sul Corriere della Sera che, in quanto quotidiano, riporta con la frequenza necessaria i fatti che intendevo studiare; gli anni presi in esame sono il 1958-1959-1960. Di questi articoli ne ho schedati e successivamente inseriti in appendice 79.

Nel primo capitolo è descritto il periodo storico da me studiato, periodo in cui si è verificato un repentino cambiamento di mentalità causato anche dalle trasformazioni economiche e sociali, che hanno rivoluzionato anche il ruolo della donna sia nella società, sia nella sua sfera privata.

Il secondo capitolo è una breve trattazione del fenomeno dell’infanticidio confrontato anche con il fenomeno del figlicidio, eventi che apparentemente sembrano simili, ma che presentano ciascuno le proprie peculiarità.

L’ultimo capitolo presenta invece l’analisi dei casi particolari riportati dalla fonte da me selezionata.

Ilenia Navazzotti

Note

1 Cfr. M. Valcarenghi, Mamma non farmi male: ombre della maternità, B. Mondadori, Milano, 2011.

2 G. Di Bello, P. Meringolo Il rifiuto della maternità. L’infanticidio dall’Ottocento ai giorni nostri, Edizioni ETS, Pisa, 1997, p. 9.
3 Ibidem