Forme di resistenza al fascismo: l’Unione femminile nazionale

di Concetta Brigadeci

Dopo aver riepilogato le origini dell’Unione femminile nazionale e le sue attività in periodo liberale, l’autrice presenta un’analisi storica delle vicende e delle attività di questa organizzazione durante il fascismo.

Qui un estratto:

“L’attività dell’Unione, dunque, svolta in collaborazione anche con Enti corporativi durante il regime fascista, non le impedisce di disobbedire agli obblighi imposti dallo Stato corporativo a partire dagli anni Trenta. Mentre la storica associazione femminile Per la donna, nata nel 1898, è sciolta d’autorità nel 1925 dal governo fascista, l’Unione Femminile Nazionale nel 1926 accetta di federarsi all’Ente Nazionale della Cooperazione[1], nel 1927 modifica lo statuto[2] e include nel collegio dei sindaci un rappresentante della Federazione provinciale milanese delle Cooperative[3], ma, in quanto Ente di beneficenza, ricorre contro l’E.N.C che impone di abbassare i fitti del patrimonio delle cooperative ( decreto 16 giugno 1927). Il ricorso sarà vinto[4]. Nel 1931 non si piega alla richiesta di pagamento di quote (1% dei proventi) all’Ufficio Assistenza della Federazione provinciale milanese fascista delle Cooperative, perché, spiega la presidente Clara Roghi Taidelli, l’U.F.N. devolve già questa somma agli Uffici di Indicazoni e assistenza dell’Unione[5]. Nel luglio del 1931 l’U.F.N. aderisce, con un sostegno anche finanziario, a una petizione a favore del disarmo, lanciata dalla Federazione Italiana dellAlleanza Internazionale per il suffragio e i diritti civili e politici delle donne[6], la cui presidente è Ada Sacchi Simonetta, da presentare a Ginevra nel 1932 in occasione della Conferenza della donna[7]. Nel gennaio del 1932 il prefetto di Milano, sollecitato dal Ministro degli Interni, invita le dirigenti dell’Unione ad astenersi da questa iniziativa[8]. Ciononostante la sottoscrizione della petizione, anche in accordo con la Società per la pace, continua e interessa tutte le sezioni dell’Unione. Nel dicembre 1932 nella sede dell’U.F.N, a Milano, si tiene un convegno sul movimento per il disarmo. La prefettura di Milano ordina di sospendere la raccolta di firme. L’Unione, tuttavia, invia i fogli firmati ad Ada Sacchi Simonetta che li fa pervenire a Ginevra al Comitato delle Associazioni femminili internazionali[9]. Nel 1934 la Federazione Italiana dellAlleanza Internazionale per il suffragio e i diritti civili e politici delle donne si dissocia dal suffragismo internazionale e diventa FIDD, Federazione italiana per i diritti delle donne, ma sarà sciolta il 14 dicembre del 1938.[10] Altre associazioni femminili o miste con legami internazionali saranno sciolte nello stesso anno: CNDI (Consiglio Nazionale delle donne italiane), Rotary club. Già nel 1934 era stato sciolto il Soroptimist club[11] e nel 1935 la FILDIS (Federazione nazionale laureate e diplomate)[12] . La stessa Unione femminile cattolica italiana (UFCI), nome assunto dal ’19 dall’Unione Donne Cattoliche (1909), e la Gioventù femminile (GF) che ha visto ua crescita massiccia della sua oraganizzazione allineata ai valori ideali del fascismo, dal ’31 con la riorganizzazione dei Fasci femminili entrano in conflitto con essi e sono esautorate delle loro attività educative ed assistenziali, mantenendo solo quelle diocesane, essenzialmente religiose.

Alla vigilia delle leggi razziali (novembre 1938), l’Unione ha sentore di quello che potrebbe succedere alle socie ebree e, in particolare, alle consigliere. Il 3 luglio del 1938 Nina Rignano Sullam si dimette dal Consiglio dell’Unione e dalle cariche sociali, adducendo motivi di salute. Il 4 luglio 1938 Graziella Sonnino si dimette dall’Unione Femminile per motivi famigliari[13].

Il 3 dicembre 1938, la fiduciaria provinciale dei Fasci femminili di Milano (Lola Carioli Condulmari), chiede alla presidente Clara Roghi Taidelli l’elenco nominativo delle componenti dell’Unione Femminile di razza ebraica e chiede assicurazione che tutte indistintamente ( iscritte o meno al P.F.N.) siano state esonerate dalle cariche ricoperte[14]. Il 6 dicembre la consigliera delegata Teresa Lancini Gadola fornisce l’elenco dei nomi del Consiglio di Amministrazione, composto da sette signore “tutte ariane”. Il 17 Gennaio 1939 Arturo Milla si dimette dalla carica di sindaco della Unione in applicazione delle leggi sulla razza[15]. Il 31 Gennaio 1939 un Decreto del Prefetto della Provincia di Milano ordina lo scioglimento dell’Unione Femminile perché l’opera assistenziale svolta dall’associazione è ritenuta compito esclusivo di Enti ed uffici pubblici[16]. Le attività patrimoniali dell’U. F. N. sono devolute all’Ente Comunale di Assistenza di Milano (ECA). Il liquidatore Edoardo Messere si occupa della gestione dei beni immobili. Il consiglio di amministrazione in carica viene estromesso.

Il 19 marzo 1939 le consigliere delegate Maria Giovanardi Metz e Teresa Lancini Gadola firmano il ricorso dell’U.F.N. al Ministro delle Corporazioni contro il decreto di scioglimento per ottenere che la Cooperativa venga reintegrata nel suo patrimonio commerciale e nella relativa gestione, con riferimento in particolare allo stabile di Corso di Porta nuova. Il ricorso non è contro la fusione delle attività e del patrimonio assistenziale con l’ECA (art.7 legge 3 giugno 1937/XV, n.847), ma contro il provvedimento di confisca dello stabile, bene commerciale, e contro l’applicazione dell’art. 210 della legge di Pubblica Sicurezza La cooperativa nella sua attività commerciale non può essere sciolta perché ha onorato tutti gli impegni previsti dalla legge. Si chiede che “il patrimonio commerciale della cooperativa, investito nello stabile, sia estraneo agli effetti del decreto”. Lo stabile non è dello Stato, né dell’ECA “[…]perché il decreto prefettizio 31 gennaio 1939 non può aver determinato quel trapasso di proprietà immobiliare che per l’art.3 della Legge 3 giugno 1937 richiede un decreto reale di fusione. Dunque è ancora della Cooperativa”[17].

Nell terzo ricorso[18] intentato dalle socie nel dopoguerra, sono descritte le numerose attività svolte dall’UFN sino alla fine del 1938 nello stabile di Corso di Porta Nuova, con i mezzi forniti dal capitale azionario di più di 300 azionisti, dai redditi dello stabile (nel 1930 sono 30 gli affitti con un incasso lordo annuale di 100.000 lire), da donazioni di privati e in collaborazione con gli Enti Pubblici (l’Ufficio I.A. è iscritto al “Casellario Centrale della beneficenza”): l’Uffico Indicazioni e Assistenza che nel corso di quell’anno ha assistito 2863 persone; l‘Ufficio di collocamento per il personale femminile di servizio che nel 1938 ha trattato 2086 domande con 1948 collocamenti; la Pensione dormitorio per domestiche (ed impiegate) in attesa di collocamento e sistemazione che ha accolto 1095 persone; Il Convitto-scuola per domestiche che ospitava gratuitamente per tre mesi giovani domestiche per avere un’istruzione professionale; la Scuola di cucina ed economia; un Ricreatorio festivo per dare una cultura generale alle giovani domestiche; un’Assistente sociale assunta per le pratiche di assistenza alle domestiche e alla sorveglianza delle minorenni; il Comitato pro-vedove.

Tuttavia la scelta di salvare almeno il patrimonio commerciale, accettando l’assorbimento delle attività dell’U.F.N, suscita dibattiti e contrasti tra le socie, alcune delle quali ritengono che accettare la cessione delle attività dell’Unione allo Stato sia in netto contrasto con il patrimonio ideale dell’Unione stessa sin dalle sue origini[19].”

Note

[1]        AUFN, Verbale del Consiglio di Amministrazione dell’U.F.N., Milano 17 aprile 1926.

[2]        Atto costitutivo società, 1927, AUFN, busta XI, fasc.1,8

[3]        Lettera di nomina del sindaco della Federazione provinciale milanese delle cooperative, Milano, 21 febbraio 1927, busta XI, fasc.1, 4

[4]        Corrispondenza ENC e UFN, Ricorso al pretore, 27 settembre 1927, AUFN, busta XI, fasc. 1, 4

[5]        Corrispondenza ENC e UFN, AUFN, busta XI, fsc. 1, 12

[6]        Si tratta del Comitato Pro-suffragio che nel 1928 aveva cambiato nome ed era diventato la Federazione Italiana dellAlleanza Internazionale per il suffragio e i diritti civili e politici delle donne.

[7]        AUFN, Verbale del Consiglio di Amministrazione dell’U.F.N., Milano, 21 ottobre 1931.

[8]        Archivio di Stato di Milano, Gabinetto di Prefettura, Mi, G.I, serie I, Associazioni, 384, Telegramma del Ministro degli Interni al Prefetto di Milano, Roma, 30-1-1932.

[9]        AUFN, Verbale del Consiglio di Amministrazione dell’U.F.N., Milano, 15 febbraio 1932

[10]      Cfr., Victoria De Grazia, Le donne nel regime fascista, Venezia, Marsilio, 1992, pp. 321-22; Annarita Buttafuoco, Apolidi.. cit.. La tesi di un adeguamento passivo delle associazioni femminili al regime è sostenuta da De Grazia, op. cit. pp. 311-356 e da S. Follacchio, Conversando al femminismo: “La donna italiana”, in La corporazione delle donne, a cura di Marina Addis Saba, Firenze Vallecchi, 1989, pp. 211-20; per una lettura storiografica dell’antifascismo, e in particolare dell’antifascismo delle donne, cfr. Giovanni De Luna, Donne in oggetto. L’antifascismo nella società italiana 1922-1939, Torino, Bollati Boringhieri, 1995.

[11]      Archivio di Stato, Mi, Gabinetto di Prefettura, G.1, serie 1, n.033-3984 , Associazioni, 384, Lettera del prefetto al Commissario della Confederazione Nazionale Sindacati Fascisti Professionisti e Artisti, Roma 16 maggio 1934.

[12]      Fiorenza Taricone, La FILDIS (Federazione Nazionale Laureate e Diplomate) e l’associazionismo femminile (1920-1935), in La corporazione delle donne, cit. pp. 127-69

[13]     AUFN, Lettera di dimissioni di Nina Rignano al Consiglio d’Amministrazione, Milano 3 luglio; Lettera di dimissioni Graziella Sonnino, busta.XI, fasc.1, 27

[14]      AUFN,busta.XI, fasc.1, 26 bis

[15]     AUFN, Lettera di dimissioni di Arturo Milla, Milano 17 gennaio 1939, busta.XI, fasc.1, 27.

[16]      Decreto di scioglimento del Prefetto, Milano 31 gennaio 1939, AUFN. Busta XI, fasc.1, 1

[17]      A.U.F.N., Ricorso dell’U. F.N. contro decreto di scioglimento, febbraio 1939, busta XI, fasc. 2, 6

[18]      A.U.F.N. Istanza al Ministro dell’Interno per la revoca del decreto 26 marzo1942, (s.d.), busta XI, fasc.2, 10

         A.U.F.N., Ricorso al Ministro delle Corporazioni , (s.d.) , [1940], busta XI, fasc.2,6 bis

[19]     A.U.F.N., Lettera di Adele Ceva a [Maria Giovanardi], 14 marzo ’39, busta XI, fasc.2, 8