di Antonio Gibelli

1.Il voto alla donna copertinaEcco un documento prezioso per capire qualcosa dell’Italia di oltre un secolo fa riguardo agli stereotipi di genere: parlo del volumetto appena uscito per Unicopli dal titolo Il voto alla donna. Inchiesta e notizie, con una Prefazione di Maria Rosa Cutrufelli (scrittrice, nota militante del movimento femminista) e un’ampia Postfazione di inquadramento storico dovuta a Giuliana Franchini, storica contemporaneista e a Concetta Brigadeci, dell’Unione Femminile Nazionale (Unicopli, 182 pagine, 18 euro).

Si tratta della riedizione integrale di una pubblicazione del 1905 contenente i risultati di un’inchiesta lanciata due anni prima dalla rivista “Unione femminile” sul tema dell’opportunità o meno di riconoscere il diritto di voto amministrativo e politico alle donne. In Appendice al libro un’esauriente rassegna, anch’essa risalente all’edizione originale, dello stato della questione all’epoca nei principali paesi del mondo. Allora, va ricordato, in Italia il suffragio non era ancora autenticamente universale, in quanto  era riservato ai maschi adulti  e in più escludeva gli analfabeti a meno che non godessero di un certo livello di reddito (calcolato in base all’imposta diretta pagata). La riforma del 1912 lo avrebbe notevolmente allargato, senza tuttavia superare l’esclusione delle donne.

L’inchiesta era basata su un questionario comprendente il quesito sui due tipi di voto, articolato in una risposta “in massima”, ossia di carattere generale, una più stringente riferita all’Italia e al momento attuale e infine un’illustrazione delle ragioni della scelta. Il questionario fu inviato personalmente a 500 personalità della politica e della cultura d’ambo i sessi e ottenne 140 risposte (53 di uomini e 87 di donne). Le risposte positive per entrambi i tipi di voto furono 81 (48 donne e 33 uomini). Più numerosi erano  coloro che limitavano il parere favorevole al voto amministrativo. Molti anche quelli/quelle  che pur essendo favorevoli al riconoscimento di entrambi in linea di massima, suggerivano cautele, indicavano periodi sperimentali e rinvii, elencavano altre riforme prioritarie: insomma, tergiversavano, senza voler apparire troppo retrivi. Numerosissimi, tra i sostenitori del “no”, coloro che usavano come argomento quello anticlericale del controllo esercitato dai preti sulle donne, specialmente al Sud e quindi immaginavano un esito reazionario del loro ingresso nella competizione elettorale (una convinzione che aveva ancora molto credito  quando il traguardo fu finalmente raggiunto nel secondo dopoguerra).

Al di là dei numeri, il libriccino va letto tutto, risposta per risposta, motivazione per motivazione. Non solo perchè ci svela nitidamente il modo di pensare di personaggi celebri, da Cesare Lombroso a Filippo Turati, da Ada Negri a Antonio Fogazzaro, da Maria Montessori a Alfredo Panzini, su una questione cruciale; ma perché quel che conta non sono i si o i no, piuttosto i forse, i ma, le contraddizioni, le precauzioni, le riserve, le giustificazioni preventive non richieste, gli scivolamenti semantici, i sottintesi. In queste sfumature il ritratto dell’Italia primo Novecento, o almeno delle sue élite,  diventa davvero ricco e completo. E si capisce meglio  perché sia stato così complesso il cammino che ha portato, molto tempo dopo, al riconoscimento del diritto, senza peraltro che nel frattempo la questione di genere abbia perso niente della sua attualità.

L’articolo è stato pubblicato su «Il Secolo XIX» del 9 gennaio 2017. Scarica il pdf

Il libro: Il voto alla donna. Inchiesta e notizie (Unicopli, 182 pagine, 18 euro)

PERCHE’ SI’, PERCHE’ NO. ALCUNE RISPOSTE

La più paradossale:

Si, perché la donna è un uomo (Filippo Turati)

La più lapidaria:

No, perché sono antifemminista (Enrico Corradini)

La più sprezzante:

Se può andare a votare il mio portinaio, non vedo perché non debba andarci anch’io (Ada Negri)

La più limpida:

Tutti i diritti, civili e politici, e quindi anche quelli di voto, debbono essere pari nei due sessi (Ginevra Speraz, scrittrice mantovana per l’infanzia, e Mario Pilo, suo marito)

La più stringente:

Si, perchè c’è il suffragio universale: se è universale, come escluderne più di mezza umanità? (Dott. Prof. Maria Montessori)

La più peregrina:

No, perché le elettrici potrebbero forzare il governo a fare la guerra alla quale esse non prenderebbero parte. Questo non sarebbe giusto (contessa Evelina Matinengo-Cesaresco)

La più prudente:

In [linea di] principio sono favorevole a riconoscere anche il voto politico alle donne. Ma, procedendo col metodo sperimentale, e per preparare gli animi alla grande innovazione, si può intanto incominciare dal voto amministrativo (Deputato Prof. Luigi Luzzatti)

La più “benaltrista”:

[Dopo essersi detto favorevole senza se e senza ma] Se poi domandate invece: “Si deve fare – oggi – una agitazione per tale conquista?” Rispondo: “No. Perché troppi altri problemi attendono una soluzione e sulla piattaforma stanno troppe altre riforme” (Deputato Angiolo Cabrini)

MEGLIO DI NO, PERCHE’ LE DONNE SONO…

Suggestionabili:

Le donne come generalmente dotate di maggiore suggestionabilità e fornite di minore coltura [potrebbero] con un voto inconsulto compromettere, momentaneamente almeno, la vita politica del paese (Dott. Prof. Antonio Marro, medico e criminologo)

Superstiziose:

La schiavitù intellettuale delle donne alla superstizione religiosa e ai pregiudizi reazionari è attualmente in Italia assai più estesa e saldamente stabilita, che non quella degli uomini (Prof. Ludovico Mortara, consigliere di Cassazione)

Succubi degli uomini:

Il voto femminile sarebbe oggi in Italia l’eco incosciente delle idee altrui, vale a dire idee di padri o di fratelli, di mariti o di amanti esortatori (Adolfo Padovan, scrittore)

Affette da inferiorità mentale (non congenita):

Nessuna prova positiva fu data di una congenita inferiorità mentale e morale del sesso femminile, afflitto bensì da una inferiorità mentale acquisita nella lunga dissuetudine dall’opere e dal pensiero (Prof. Achille Loria, economista)

Sottomesse:

[Parere contrario a causa della] consuetudine di vivere sottomesse e di lasciarsi guidare e condurre da chi le dirige spiritualmente o da chi ha su loro un’autorità o un potere qualunque (Giselda Rapisardi, educatrice e scrittrice)

Schiave del sentimento, litigiose, invidiose, pettegole

La donna italiana non è preparata alla lotta politica e, troppo schiava del sentimento – il suo voto non potrebbe essere che un voto di simpatia individuale o un voto consigliato dall’uomo che essa ama. […] Non parlo poi della rivalità femminile […]: basta pensare a certe istituzioni femminili che tra di loro si combattono, ai dissidi che mandano altre in sfacelo per l’invidiuzza per la presidente  o la segretaria, basta assistere a certe sedute di donne e accertarsi come una questione anche alta degeneri in beghe, in pettegolezzi…(Dott. Amalia Moretti-Foggia, medico chiururgo e dottore in scienze naturali)