La biblioteca si è arricchita di una raccolta di particolare valore:  le annate del 1915, 1916 e 1917 della rivista quindicinale “Scena illustrata, messe a disposizione da una socia per la consultazione.

La rivista è stata fondata nel 1885 a Firenze dal giornalista e scrittore Pilade Pollazzi. La qualità dei testi e delle illustrazioni, la varietà delle riproduzioni fotografiche, l’eleganza in stile liberty dei frontespizi, le copertine d’autore dei principali illustratori dell’epoca, unite alla qualità della carta e della stampa, ne decretano il successo e lunga vita. La “scena illustrata” viene infatti stampata in edizione cartacea fino al 2003. Oggi la testata è online e sul sito leggiamo:

I suoi reportage, le sue firme di ieri : da Giosué Carducci, Edmondo De Amicis, Carlo Bertholet, Henry Kistemaekers, Paolo Mantegazza, Giovanni Verga, Giulio Claretie, Enrico Corradini, Renato Fucini ad Alfonso XIII re di Spagna, Louis Barthou, Gabriele D’Annunzio, Roberto Bracco, Camillo Flammarion, G. Clemenceau, Francesco Crispi, Antonio Fogazzaro, ecc. , ribadiscono l’orientamento della pubblicazione oscillante tra il gusto per la classicità e l’adesione al verismo, pur non rifiutando di seguire l’evolversi delle nuove correnti letterarie e culturali.

La rivista ha un taglio nettamente culturale, con argomenti che spaziano dal benessere, alla moda, alle trasformazioni del costume e delle abitudini sociali, ai reportage di viaggio, a curiosità di carattere tecnico o scientifico, con puntate sull’attualità. E, ovviamente, la Grande guerra. Raccontata con retorica patriottica, certo, ma anche con una quantità di informazioni dettagliate e con molte fotografie, dipinti e incisioni. Come ad esempio nel reportage dalla trincea; o nel servizio sullo “scempio d’ossa” provocato dalle armi di guerre passate e presenti; o nel lungo articolo corredato da fotografie e intitolato “quel che non ottennero le suffragette” e che analizza i cambiamenti sul lavoro femminile in conseguenza degli eventi bellici. O come il lungo servizio intitolato “i misfatti della carne”,  dedicato ai vantaggi di una dieta vegetariana. Che, in tempo di guerra, voleva dire evidentemente fare di necessità virtù.